Porgo anzitutto il saluto del Sindaco, il mio personale e quello di tutta l’amministrazione comunale, che sono stato chiamato a rappresentare in questo mio secondo appuntamento consecutivo con il 25 aprile, a tutte le Autorità civili e militari, alle associazioni partigiane e combattentistiche presenti in questa Piazza e a tutti voi cari concittadini. Ma un saluto e un ringraziamento particolare vanno certamente all’ANPI, che con la sua quotidiana opera costruisce le premesse affinché appuntamenti come quello di oggi, non rappresentino occasione di retorica, ma momento di riflessione importante, attraverso il quale, oltre a doverosamente ricordare e rendere omaggio a quanti ci hanno consegnato 68 anni di pace, democrazia e libertà, ci si interroghi sul nostro ruolo e su quello delle future generazioni, con l’obiettivo di continuare a garantire alla nostra Italia un futuro perenne di libertà, democrazia e giustizia sociale.
Libertà che oggi è compromessa, non dal pericolo di una guerra, ma da una gigantesca e profonda crisi economica che non ha eguali nella storia d’Italia, Una crisi che mina alla base uno dei presupposti fondamentali della libertà: la giustizia sociale. Giustizia sociale e libertà che, come ci ricordava spesso il presidente più amato dagli Italiani, non solo rappresentarono gli ideali che animarono la lotta partigiana, ma costituiscono sempre un binomio inscindibile; l'un termine presuppone l'altro: non può esservi vera libertà senza giustizia sociale e non si avrà mai vera giustizia sociale senza libertà.
Oggi è in forte pericolo la giustizia sociale, minata alla fonte dalla fotografia di un Paese, l’Italia, con tre milioni di disoccupati, il 38% dei giovani senza lavoro, quasi tre milioni di precari, centinaia di migliaia di esodati, fabbriche piccole e medie che ogni giorno chiudono; da un aumento vertiginoso di famiglie che fanno fatica a sfamarsi sino alla fine del mese, da un numero sempre più numeroso di persone che fanno la fila davanti alle mense delle varie opere caritatevoli per ricevere un pasto caldo, o davanti alle sedi della Caritas per ottenere un sacchetto di viveri con cui soddisfare il proprio stato e quello dei familiari. Una pressione fiscale ormai insostenibile anche dal ceto medio, che non trova riscontro in nessun altro Paese europeo e da un tasso di evasione che ci colloca invece primi in classifica.
Questa nostra di oggi, cari concittadini, non sembra davvero l’Italia che sognarono i partigiani il 25 aprile 1945.
E’ anzi, forse, dal punto di vista economico, sociale e politico, il peggior 25 aprile dalla Liberazione, quello che il nostro Paese sta vivendo. Un 25 aprile inquinato da vere e proprie associazioni a delinquere, cresciute all’interno di formazioni politiche che fino a qualche anno fa, mostravano i cappi in Parlamento, e da flotte di Consiglieri regionali, indagati o arrestati per comportamenti desolanti, tra i quali spiccano numerosi esponenti di formazioni che hanno fatto del giustizialismo la loro ragion d’essere.
Ma se il 1945 segnava il culmine della coscienza nazionale e civile italiana impegnata contro gli invasori e come momento di riscatto morale di una importante parte della popolazione italiana dopo il ventennio fascista, oggi e i prossimi mesi, devono rappresentare un nuovo e diverso 8 settembre della democrazia; un’occasione per ricostruire un nuovo futuro di ripresa, di lavoro, di coesione sociale, rispetto istituzionale e ricreare in Italia, le premesse per ridare speranza al futuro, mettendo tutti nelle condizioni di potersi sentire veramente liberi.
Si tratta essenzialmente di dare, finalmente, piena attuazione agli articoli 3 e seguenti della parte prima della nostra Costituzione, dove il diritto al lavoro è garantito a tutti; dove si afferma una salvaguardia del diritto ad una retribuzione “in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e agli altri un’esistenza libera e dignitosa” (art.36)
La resistenza doveva divenire, cari concittadini, il “mito fondatore” su cui basare la Repubblica democratica, scaturita dalle scelte dell’Assemblea costituente, figlia della stessa esperienza partigiana; purtroppo ciò non è avvenuto completamente , ma quei valori di uguaglianza, democrazia e giustizia sociale, contenuti nella prima parte della nostra Costituzione sono sempre validi, attuabili ed ad essi ogni democratico deve fare riferimento nella propria azione quotidiana.
Deve farlo particolarmente in momenti come quelli attuali che ci pongono di fronte ad un’Italia politicamente inadeguata e fragile; una fragilità che per ricomporsi si affida alla saggezza di un altro grande Presidente, di ieri e di oggi: Giorgio Napolitano, al quale va la gratitudine, spero, anche di tutti i Pioltellesi, non solo per aver accettato l’incarico, ma soprattutto per i passaggi fondamentali del suo discorso d’insediamento. Come non condividere l’imperdonabile nulla di fatto, da parte del precedente parlamento, delle concordate e mirate riforme della seconda parte della Costituzione. Un parlamento, aggiungo io, che ha trascorso un intero anno senza produrre alcunché, se non la fiducia ai decreti del Governo. Veramente nulla!
Siamo veramente distanti anni luce, in quanto a rappresentanza politica, costituita, ricordiamolo, non da eletti, ma di nominati, dagli uomini della Costituzione: EINAUDI, CALAMANDREI, DE GASPERI, DOSSETTI, FANFANI, LA PIRA, NENNI, TOGLIATTI, NILDE IOTTI, PARRI, RICCARDO LOMBARDI. Un paragone con l’oggi sarebbe umiliante, scriveva ieri, Corrado Staiano.
Inevitabile, allora, che le ultime elezioni ci consegnassero un’Italia profondamente divisa, e un’assordante richiesta alla classe politica di rinnovamento istituzionale, etico, morale ed economico, richiesta alla quale il nuovo esecutivo e il nuovo Parlamento , si auspica, sappiano dare, finalmente, una concreta risposta, ricordando l'esempio costituito dalla fedeltà agli ideali più volte citati e all'insegnamento d'un nobile ed assoluto disinteresse, che i caduti di quegli anni ci hanno lasciato, sacrificando la loro giovinezza senza badare alla propria persona.
Questo insegnamento dovrebbe guidare sempre le azioni e l’attività degli uomini politici: operare con umiltà e con rettitudine nell'interesse esclusivo del popolo.
Oggi più che mai ce n’é bisogno. Al popolo interessano poco le formule e le definizioni che si tendono a dare ai vari Governi. Oggi è il momento dei fatti concreti. A Enrico Letta, neopresidente incaricato, in queste ore impegnato nelle consultazioni, i nostri più fervidi auspici perché riesca a dare all’Italia un buon Governo in grado di compiere ciò che gli italiani si aspettano: lavoro, riforme e credibilità.
E’però altrettanto necessario che anche attraverso il nostro agire quotidiano, si sia in grado, non solo di tramandare alle nuove generazioni il ricordo di quanti hanno precostituito le condizioni per questi 68 anni di pace e libertà, ma soprattutto di dare il nostro contributo alla costruzione del futuro.
Diceva sempre Sandro Pertini "I giovani non hanno bisogno di sermoni, i giovani hanno bisogno di esempi di onestà, di coerenza e di altruismo" , doti che con il passare del tempo sembrano sempre più venir meno.
Ma non c’è bisogno di nessuna “marcia su Roma” né tantomeno di invasioni tedesche, per far sì che l’Italia riprenda il suo cammino nel solco degli ideali della resistenza. Una certa dose di quella «coscienza» formatasi e tempratasi in quanti sono stati protagonisti degli anni che ricordiamo, nella lotta contro il fascismo e nella Resistenza, vive ancora nell'animo degli italiani, anche se talvolta sembra affievolirsi. Ma essa diceva sempre Pertini in un suo discorso alla Camera, “è simile a certi fiumi il cui corso improvvisamente scompare per poi ricomparire più ampio e più impetuoso.
I giovani di quegli anni si sono battuti per la nostra libertà: noi abbiamo il dovere di far sì che i giovani diventino e restino sempre uomini liberi, pronti a difendere la libertà e quindi la loro dignità.
Sono convinto che potremo riuscirvi, ispirandoci, ancora una volta e nel modo migliore agli insegnamenti e all'esempio della Resistenza. Ma anche curando personalmente, attraverso una più attiva partecipazione, la cosa pubblica, che non è roba da specialisti, ma è noi stessi: dobbiamo curarla direttamente, come il nostro lavoro più delicato e importante ( parole di Napolitano).
Trasmettiamo questa convinzione e questo messaggio di speranza nella giornata del 25 aprile, che deve restare scolpita nella nostra storia e nella nostra coscienza nel ricordo di tutti i combattenti e di coloro che pagando con la vita, ci hanno restituito un paese unito, libero e democratico e ai quali rinnoviamo la nostra profonda riconoscenza e la solenne promessa che non dimenticheremo.
Non dimenticheremo perché oggi resistenza deve significare, come già accennato, il riappropriarsi del passato per conquistare il proprio futuro, per costruire il futuro delle giovani generazioni. E non pensate che questa consapevolezza non sia presente nei giovani, che più di tutti soffrono le conseguenze della crisi, e manifestano un’ammirevole voglia di migliorarsi attraverso i loro messaggi che viaggiano con i nuovi mezzi di comunicazione che i ragazzi hanno a disposizione.
Ecco perché, nonostante tutto, c’è da aver fiducia nel fatto che, il sacrificio delle tante persone “vere e semplici”, così come li descrive, in un recente lavoro, Sergio Luzzato, dal titolo “I Partigia”, continuerà a riecheggiare nel cuore di ognuno di noi, nel cuore dei ragazzi che conoscono e hanno studiato la Resistenza, nel cuore di coloro che hanno sentito le testimonianze dei genitori e dei nonni,, e nel cuore di chi quella Resistenza l’ha vissuta, di chi quel pezzo di storia l’ha scritta, di chi quel 25 aprile l’ha vissuto in prima persona.
Queste ultime persone, i testimoni diretti, sono sempre meno ed è per questo che è giusto raccogliere e diffondere le loro testimonianze, i loro racconti di vita, perché quando non ci saranno più, rimarrà qualcosa di loro, qualcosa che ognuno di noi avrà fatto suo per sempre.
Come potremo allora dimenticarci dei nostri combattenti e partigiani locali, alcuni, ricordati in questo monumento ed altri, per nostra fortuna, ancora tra di noi, come il comandante partigiano GIACOMO CIBRA, al quale va il nostro convinto applauso, esteso a quanti con lui ci hanno regalato quest’occasione.
VIVA LA REPUBBLICA,
VIVA L’ITALIA,
VIVA LA COSTITUZIONE, E BUON XXV APRILE A TUTTI.